In Sardegna

Mediaworld, stato di agitazione nella Penisola: “Sciopero contro chiusure e trasferimenti”

Fisascat-Cisl Nazionale: “A rischio ci sono oltre 700 posti di lavoro”

 Mediaworld, stato di agitazione nella Penisola: “Sciopero contro chiusure e trasferimenti”

Di: Alessandro Congia


Ulteriori 8 ore di sciopero da programmare a livello territoriale in modo articolato ed improvviso a partire dal 10 marzo 2018. Dopo le due giornate di protesta del 2 e 3 marzo, prosegue la mobilitazione indetta dai sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs contro la decisione unilaterale  della società di distribuzione di elettronica di consumo Mediamarket  di chiudere i punti vendita di Grosseto e di Milano Stazione Centrale e  di trasferire i lavoratori della sede di Curno nel bergamasco a Verano Brianza e dei 17 punti vendita Mediaworld di Cosenza, Sassari, Molfetta, Genova, Roma, Torino, Caserta e Napoli coinvolti dal contratto di solidarietà in scadenza il prossimo 30 aprile.

«Riteniamo il comportamento di Mediamarket inaccettabile: dietro ai trasferimenti si cela la volontà di spingere i lavoratori alle dimissioni. All’arroganza dell’azienda è necessario rispondere duramente, quindi dopo lo sciopero del 2 e 3 marzo e di questa proclamazione, seguiranno ulteriori mobilitazioni» hanno denunciato i sindacati in un comunicato congiunto.

In una nota trasmessa al ministero del Lavoro le tre sigle Cgil Cisl Uil, sollecitando la convocazione di un incontro sulla grave situazione occupazionale, hanno stigmatizzato l’atteggiamento dell'azienda che «si è sottratta al dovuto confronto rispetto all’andamento del bilancio 2017, al preventivo e agli obiettivi 2018, nonchè allo stato specifico dei punti vendita di cui alcuni interessati dal contratto di solidarietà». 

IN SARDEGNA. Davanti al punto vendita di  Sestu, sull’ex  ss.131, con bandiere e volantini per dire “No ai tagli occupazionali”:   sabato scorso lo sciopero nazionale dei dipendenti Mediaworld, in particolar modo nell’Isola i riflettori di  Mediamarket   (l'azienda madre), sono puntati sulle due sedi,  Sassari  (dove le maestranze sono 50) e  Sestu,   con  invece 70 buste paga  totali: “La manifestazione di sabato scorso – ha puntualizzato  Cristiano Ardau, segretario generale  Uil-Tucs – è anche a sostegno della vertenza nazionale, nell'incontro a Roma dello scorso 16 Febbraio le trattative sono saltate con la proclamazione dello sciopero nazionale, l'azienda ha dichiarato di non voler prorogare il contratto di solidarietà e di ricorrere ai trasferimenti del personale dai punti vendita in crisi costringendo i dipendenti a trasferirsi in altre province o regioni, non solo – aggiunge il sindacalista - ha dichiarato di  togliere le maggiorazioni percentuali sul lavoro domenicale. Questo a seguito di una situazione di crisi su cui però  si sono rifiutati di fornire i dati e i dettagli, valutate tali decisioni aziendali inaccettabili e imposte unilateralmente  aggirando il confronto sindacale, si é ritenuto proclamare la giornata di sciopero”. 

IL GRIDO D’ALLARME. “Ogni lavoratore ha una famiglia – scrivono i dipendenti  Mediaworld – c’è un progetto di vita che deve essere rispettato. Respingiamo il taglio delle retribuzioni che l’azienda ha annunciato, chiediamo il miglioramento delle condizioni di lavoro e il rispetto della professionalità, chiediamo soltanto investimenti nella rete di vendita, nel servizio al cliente che garantiscano il nostro futuro occupazionale”. 

La funzionaria sindacale della Fisascat Cisl Elena Maria Vanelli rilancia l’allarme occupazione per oltre 700 addetti del gruppo della grande distribuzione organizzata. «La crisi aziendale deve essere affrontata con misure straordinarie condivise con le rappresentanze dei sindacati volte al mantenimento dei posti di lavoro attraverso un serio piano di rilancio industriale capace di risollevare le sorti dei negozi del retail e di fronteggiare la crescita esponenziale del comparto e-commerce» ha dichiarato. «Mediamarket - ha concluso la sindacalista - dimostri di avere un minimo di responsabilità etica e sociale concordando con il sindacato misure di salvaguardia occupazionale».

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